Sono molteplici gli studi che attestano i benefici dell’attività fisica, quanto essa influisca sui diversi meccanismi del corpo umano. Allenarsi migliora l’umore combattendo la depressione, abbassa il livello d’ansia, aumenta la funzionalità muscolare e articolare, mantiene il cuore a livelli alti d’efficenza e influisce anche sulla psicologia donando maggiore sicurezza e consapevolezza di sè.
Meno conosciuti sono gli effetti negativi che colpiscono gli individui che perdono il controllo del proprio programma di allenamento, quando la seduta in palestra comincia a diventare un pensiero fisso che prende il sopravvento su tutto il resto. Quando l’obiettivo da raggiungere diventa un’ossessione si comincia a perdere interesse verso le altre sfere personali come la famiglia o il lavoro, l’unica preoccupazione alla fine di un workout è organizzare la seduta successiva di allenamento, prolungando le sessioni oltre il previsto e facendo fatica ad accettare l’idea di prendersi un giorno di riposo.
Gli psicologi cominciano ad affrontare il problema seriamente: uno studio universitario in Danimarca evidenzia quanto questo fenomeno colpisca soprattutto i praticanti di sport individuali come corsa o sedute in palestra. Questo perché gli sport di squadra sollecitano motivazioni soprattutto legate al piacere di giocare in gruppo, all’agonismo e alla competizione. Quando invece si è soli a spingersi oltre i propri limiti, la forma fisica, il benessere e il controllo del peso corporeo diventano i fattori principali su cui costruire le sfide giornaliere spingendosi in un loop mentale in cui non si è mai abbastanza in forma.
Come fare a riconoscere la dipendenza da attività fisica? La psichiatra Adelia Lucattini ha stilato una serie di indicatori. Ad esempio se si sviluppa senso di colpa quando non ci si allena, si ha bisogno di un quantitativo sempre maggiore di esercizio per avvertirne i benefici, ci si comincia ad allenare sempre di più anche in presenza di problematiche fisiche che invece richiederebbero riposo.Si superano i limiti del programma pianificato sia di tempo sia di lavoro che viene regolarmente aumentato; vengono trascurate le altre attività personali fino a modificarle per lasciare spazio all’attività sportiva. Seguire piani alimentari esclusivamente finalizzati allo sport fino all’uso di integratori senza una supervisione specializzata.
Il problema oggi è riconosciuto anche sul Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’APA, il DSM-5 che classifica il disturbo tra le dipendenze patologiche. Spesso questo problema si lega all’esistenza di insicurezze profonde e saper chiedere aiuto in tempo è sicuramente il modo migliore per uscirne, anche se non è facile. La semplice interruzione della pratica sportiva, o la riduzione della stessa, non rappresentano, di per sé, la guarigione dal problema, in quanto vanno ricercate e risolte le cause psicologiche sottostanti e più profonde, per evitare così che possano canalizzarsi verso altri sintomi.