Lo sport è uno dei settori che più deve essere riformato a livello italiano e molti di questi cambiamenti sono già in atto. Le riforme riguardano aspetti prettamente tecnici, promozione di politiche inclusive, sociali e culturali contro il razzismo e ogni altra forma di intolleranza anche interna al territorio nazionale, riconoscimento legislativo delle posizioni dei lavoratori del settore, adeguamento agli standard europei.
Lo sport trainante italiano è sicuramente il calcio in grado di coinvolgere masse e spostare un indotto economico non raggiungibile dalle altre discipline nonostante una situazione sportiva tutt’altro che avvincente in cui il panorama nazionale vede una strettissima elitè di società contendersi da decenni tutta la torta.
Uno dei più grandi problemi del calcio attuale è la situazione degli stadi, strutture concepite tra il primo e il secondo dopoguerra e totalmente inadeguate alle necessità attuali. Deloitte mostra come dal restyling degli stadi di serie A si possa trarre energia per un profondo rilancio del settore, ma non solo. Da uno studio presentato al governo, la società di revisione indica un investimento necessario di 4,5 miliardi di euro come un’opportunità di rilancio dell’intero sistema Paese.
In Europa le 4 leghe calcistiche maggiori hanno già intrapreso questa strada. Il Real Madrid ha sfruttato la pandemia che ha chiuso lo stadio al pubblico per avviare i lavori al Bernabeu. Inghilterra, Spagna, Germania e Francia mostrano come gli investimenti abbiano prodotto effetti a cascata non solo finanziari, ma anche culturali abbandonando il vecchio concetto di stadio luogo governato dalle tifoserie e trasformato in un centro di aggregazione sociale, sicurezza e business.
Anche il mondo del lavoro ne gioverebbe. Dallo studio presentato si stimano 25.000 nuove posizioni lavorative compresa la forza lavoro necessaria ai lavori. Lo stato guadagnerebbe più di 3 miliardi di entrate fiscali extra e un considerevole aumento del valore del “brand” calcio.
Le problematiche sono molteplici. Al governo viene chiesta la possibilità di snellire le procedure per le nuove costruzioni, spesso impantanate tra autorizzazioni, burocrazia e politica che rendono a volte impossibile l’inizio dei lavori. Spesso per bypassare le lungaggini amministrative la strada che si cerca di percorrere è quella della riqualificazione a scapito di nuove strutture costruite da zero, ma questo comporta problemi accessori.
Uno di questi problemi è adattare le vecchie strutture a pianta ovale sorte intorno agli anni ’60 quando il modello olimpico influenzava le politiche del paese e i progetti del tempo, all’attuale stadio a pianta rettangolare funzionale alle esigenze del calcio moderno. Grandioso il lavoro del Real Sociedad, squadra spagnola, che con un progetto all’avanguardia ha ristrutturato il vecchio stadio Anoeta di San Sebastian.
Legati al quartiere cittadino densamente popolato e impossibilitati a trovare una nuova area adatta in quella specifica zona cittadina, la società ha optato ad una ristrutturazione profonda, ma eseguita per gradi in modo da chiudere solo un settore alla volta dello stadio che durante i lavori è rimasto funzionante a capienza ridotta senza particolari disagi. Tra le sfide da superare per i progettisti c’è stato l’utilizzo della vecchia struttura portante per ampliare la copertura delle tribune e la visuale calcolata sui seggiolini che doveva rispettare l’angolo imposto dalla UEFA. (https://archistadia.it/real-sociedad-ristrutturazione-stadio-anoeta/)
Un altro grande problema italiano è la proprietà degli stadi. Ad oggi solo Udinese, Juventus, Frosinone, Atalanta e Sassuolo sono proprietarie dell’impianto e possono così gestirne l’utilizzo. Un dato imbarazzante se messo in confronto al resto del vecchio continente. Questo lascia in balia delle amministrazioni comunali tutte le altre società sportive alle prese con enormi problemi. Ad esempio quelli del Napoli con il terzo anello dello stadio chiuso a causa delle vibrazioni a cui è soggetta la struttura, oppure le problematiche della Roma ormai da anni impantanata nel braccio di ferro con il comune per l’approvazione del progetto.
E’ idea condivisa che la distanza tecnica espressa sul campo tra le squadre italiane e quelle europee è legata ai budget (nella Champions League i 6 club che spendono di più nella competizione hanno sempre centrato l’ingresso tra le prime 8 della rassegna) e che senza una riforma totale degli impianti sarà impossibile attrarre i capitali necessari per tornare competitivi.