Il fallimento della Super League non è solo il fallimento di un progetto sportivo. Ad essere coinvolti sono stati diversi settori, in primis la politica, oltre ovviamente alle questioni economiche, il consenso popolare e la comunicazione. Ma andiamo per gradi.
Il primo passo è stato lo scontro nato tra l’UEFA (l’associazione che gestisce il calcio mondiale e le sue competizioni) e l’ECA (associazione che rappresenta i club europei) che all’atto della presentazione della nuova Champions League al via nella stagione 2024-2025 lamentava una ridotta considerazione sul piano economico dei club nonostante il passo fatto verso di loro con l’apertura ad un numero maggiore di squadre e della possibilità di assegnare delle wild card per i club di più alto livello che mancavano la qualificazione. Ad essere negata è stata l’assegnazione di potere di veto sulle scelte commerciali e organizzative sulla manifestazione.
Questo ha portato 12 dei maggiori club (Milan, Juventus, Atletico e Real Madrid, Liverpool, Manchester City e United, Chelsea, Tottenham, Arsenal, Barcellona e Inter) a schierarsi sulla formazione della nuova super lega ottenendo il primo tassello di un puzzle che non è mai stato completato. Cosa è mancato per dare vita a questo nuovo progetto?
Il primo passo falso è stato commesso nei confronti dei tifosi. Il sondaggio di YouGov nel Regno Unito ha riscontrato un malcontento tra i tifosi del calcio del 79%. Le spiegazioni di questo flop sono da ricercare nella pessima comunicazione associata alla nuova lega nascente. Nessuno ha spiegato le posizioni di chi voleva questo nuovo format, non sono stati trovati testimonial accreditati con appeal sulle masse e la dichiarazione della nascita del nuovo progetto è stata fatta in piena notte tra domenica 18 aprile e lunedì 19 mettendo tutta l’opinione pubblica di fronte ad un fatto compiuto percepito come un atto di forza. Tutto ciò ha portato una reazione potente da parte dell’UEFA che coalizzandosi con tutte le leghe nazionali ha minacciato l’esclusione dai singoli campionati territoriali e rimarcato come l’interesse dei grandi club tradiva i principi del calcio del popolo.
TV e sponsor non hanno fatto mancare il loro dissenso. E’ facilmente intuibile che la Champions League da questa scissione ne sarebbe uscita malconcia con una concreta perdita di fascino. I contratti pluriennali già in essere con le singole emittenti e le sponsorizzazioni hanno spinto gli interessi verso una chiara contrapposizione alla Super League. E’ probabilmente questo il motivo per cui tra le grandi escluse dal nuovo movimento troviamo il Paris Saint Germain. L’attuale presidente, Nasser Al-Khelaïfi, è anche il proprietario di beIN Sports, emittente che ha i diritti per la trasmissione della Champions League in Francia, Medio Oriente, Nord Africa e parte dell’Asia e quindi uno dei principali interessati al fallimento della Super League.
L’assenza dei testimonial è uno degli aspetti meno chiari. E’ strano il comportamento tenuto dai sostenitori del nuovo progetto, imprenditori di livello mondiale, che non hanno organizzato una campagna mediatica a sostegno della loro causa, coinvolgendo esponenti di spicco distanti dalle logiche più freddamente economiche. Anzi… Paolo Maldini, ex giocatore storico giocatore del Milan e attuale direttore tecnico rossonero si è trovato a porgere delle scuse per le posizioni prese dal suo club, pur sottolineando la sua totale estraneità ai fatti. Javier Zanetti, su sponda Inter è stato raggiunto da un’iniziativa da parte dei tifosi vip nerazzurri che chiedevano l’abbandono dell’idea della scissione. Sulla stessa frequenza d’onda Pep Guardiola del Manchester City e i giocatori del Liverpool, il tutto a dimostrare la vicinanza di intenti tra tifosi e calciatori.
La politica non è stata certo a guardare dando forse la spallata decisiva alla caduta del progetto. Il premier britannico Boris Johnson si è reso protagonista della presa di posizione più dura, minacciando tasse, restrizione sui visti dei giocatori stranieri e una serie di altre iniziative pronte a formare una “bomba legislativa” per bloccare l’intera operazione. Gli interessi in gioco sono da ricercarsi nell’elettorato sicuramente schierato contro la nuova lega. A schierarsi dalla parte delle federazioni territoriali sono stati anche i premier spagnolo e italiano.
Il progetto della Super Lega nato e contestualmente morto, vedendo prima i dietro front delle squadre inglesi e via via tutte le altre, ha esposto i due maggiori fautori dell’iniziativa, lo juventino Andrea Agnelli e il merengues Florentino Perez a possibili ritorsioni. Ancora in attesa di sviluppi, il bianconero ha già rassegnato le dimissioni dalla presidenza dell’ECA, e da membro dell’esecutivo UEFA.
Lo slogan di questo terremoto calcistico recita: “calcio del popolo contro il calcio delle elitè”. Quanto ci sia di vero e quanto è invece legato agli interessi economici è complicato stabilirlo.